Le ‘crisi’ dei bambini: perché sono normali e cosa possiamo fare a riguardo

Le ‘crisi’ dei bambini: perché sono normali e cosa possiamo fare a riguardo

 

Il bambino che urla disperato dentro il carrello della spesa; la bambina che piange senza sosta nonostante le si spieghi che non può avere la sua tazza verde perché è in lavastoviglie..

Quante volte, come genitori o come educatori, ci si trova in situazioni in cui i bambini sembrano perdere ogni capacità di controllo?

Il bambino è nel pieno di una crisi e per quanto armato delle migliori intenzioni, spesso il risultato è che anche l’adulto finisce per perdere il controllo, va su tutte le furie e, in un crescendo di tensione, la situazione si conclude tra urla e lacrime.

Se vi è capitato almeno una volta di vivere un’esperienza simile, sappiate che è normale. Non siete i soli.

Siete umani e siete genitori.

Ciò non toglie, ovviamente, che tali esperienze siano fonte di notevole frustrazione. L’adulto può arrivare a chiedersi se non stia sbagliando qualcosa nel suo modo di educare il bambino. Perché si comporta in questa maniera?

Davvero lo fa perché è viziato? Oppure, magari, il suo scopo è metterci alla prova?

 

BabyCenter

 

Beh, la risposta a tali domande è no.

A confermare questo sono le più recenti ricerche sul funzionamento e sullo sviluppo del cervello infantile.

Prima di capire quale possa essere la strategia più consona per gestire queste ‘crisi’, dedichiamo un momento ad analizzare come funziona il cervello del nostro bambino.

 

Non vuole o non può? 

 

È importante innanzitutto sapere che alla nascita il cervello del bambino è tutt’altro che completo. Con una bella metafora, il Dr. Daniel Siegel lo paragona ad una casa in costruzione dalla struttura molto particolare.

La parte inferiore, le fondamenta, è costituita dal cervello Rettiliano (o tronco encefalico) e dal cervello Mammifero (o sistema limbico), la parte superiore è formata dalla corteccia, in particolare quella prefrontale.

Ora, mentre alla nascita le aree inferiori del cervello, più primitive, sono già sviluppate (poiché strettamente connesse agli istinti e alla sopravvivenza), le aree superiori, legate a capacità complesse come la regolazione emotiva, sono ben lungi dall’essere mature e necessitano ancora di molto tempo per potersi sviluppare pienamente (nel caso della corteccia prefrontale, essa continua a maturare fino ai 20 anni!).

Questo spiega perché per un bambino sia così facile abbandonarsi a reazioni istintive o lasciarsi travolgere dalle sue emozioni, soprattutto quando è stanco, affamato o agitato.

Le aree superiori del cervello, che sono responsabili della regolazione corporea ed emotiva, dell’adattabilità e dell’empatia, non sono ancora pienamente operative, il che rende molto difficile (praticamente impossibile) per un bambino esaminare lucidamente una situazione tenendo conto dei motivi e delle intenzioni degli altri.

Le situazioni sono spesso per lui bianche o nere, difficilmente può prendere una decisione considerando tutte le informazioni relative il momento e il contesto.

Tutto questo non vuol dire, naturalmente, che dobbiamo rinunciare ad insegnare al bambino come è meglio comportarsi.

Nel farlo non dovremmo però mai dimenticare che il suo sistema cerebrale è ancora in divenire e può evolversi positivamente se gli offriremo strumenti ed esperienze per farlo.

 

Come intervenire?

 

Daniel Siegel, neuropsichiatra di fama internazionale, sostiene che quando un bambino è in preda ad forte una crisi emotiva, la strategia migliore per l’adulto sia quella dell’integrazione.

Tornando a quanto detto precedentemente riguardo la struttura del cervello, è chiaro che, nel pieno di una crisi, la regione attiva sia quella inferiore, istintiva e reattiva.

Se l’adulto, di fronte alla condotta fuori controllo del bambino, reagisce a sua volta con veemenza (ad esempio intimandogli di calmarsi o assumendo espressioni facciali o corporee che suscitano paura), il risultato diretto sarà un’ulteriore infiammazione delle aree inferiori.

Esattamente come farebbe un rettile (guidato solo dagli istinti) il bambino reagirà in maniera ancora più accesa (attaccando) oppure si ritirerà (ma sopprimendo in sé quella forte emozione, senza elaborarla, con tutte le conseguenze negative che ciò ha).

Se il nostro bambino, alla fine di una lunga giornata, inizia a “fare i capricci” nel supermercato per qualcosa che a noi sembra un nonnulla, il nostro intervento non dovrà essere volto ad esigere con forza che si calmi immediatamente. Se vogliamo davvero provare a riuscire ad attivare le aree superiori del suo cervello, dobbiamo guidarlo nel processo di integrazione tra le due regioni.

Ciò implica, innanzitutto, aiutarlo a tenere a freno le sue emozioni, superando lo stato reattivo, in maniera da poter passare ad uno ricettivo, in cui sia maggiormente in grado di accogliere spiegazioni ed insegnamenti.

Questo richiede come prima cosa, secondo Siegel, entrare in sintonia con il bambino. Invece di minacciarlo, accusarlo o zittirlo poiché irritato dal suo comportamento, l’adulto dovrebbe accogliere e rispecchiare al bambino la sua emozione, offrendogli il tempo e le parole per capirla e controllarla. Solo allora il bambino sarà davvero in grado di prestare ascolto a spiegazioni e apprendere qualcosa. Le regioni del cervello fino a quel momento dis-integrate, infatti, saranno in connessione e maggiormente in grado di operare in forma congiunta.

Pazienza se le persone intorno a voi non comprenderanno la complessità della situazione e vedranno solo un genitore “debole” o un bambino “viziato”. L’unico pensiero che deve abitare la vostra mente in questi momenti riguarda l’essere emotivamente presenti per il vostro bambino, perché sebbene le sue emozioni e reazioni possano sembrare esagerate, sono per lui reali. Il vostro bambino ha bisogno di voi.

 

In conclusione

 

Se davvero vogliamo educare i nostri bambini dobbiamo avere ben presente quali sono le loro reali possibilità e adattare di conseguenza le nostre aspettative.

Fate un respiro profondo e mantenete la calma, anche se il comportamento del vostro bambino vi sembra assolutamente irrazionale.

Per quanto comprensivi o tranquilli non sono adulti e non possono comportarsi in maniera perfettamente logica, razionale e ragionevole. Almeno, non sempre. D’altronde, nemmeno noi adulti ci riusciamo.

 

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