L’istante prezioso della concentrazione: una guida per favorire lo sviluppo psichico del bambino

L’istante prezioso della concentrazione: una guida per favorire lo sviluppo psichico del bambino

 

Una delle scoperte rivoluzionarie di Maria Montessori riguarda senza dubbio la capacità di concentrazione del bambino, già quand’egli è ancora molto piccolo.

L’idea del bambino calmo, ordinato e concentrato, fu ai tempi assolutamente rivoluzionaria e ancora oggi molti faticano a immaginare questo bambino nuovo. E’ opinione comune infatti che tratto caratteristico dei bambini, soprattutto dei più piccoli, sia l’incostanza, la necessità di passare in continuazione da un’attività all’altra perché incapaci di mantenere focalizzata troppo tempo la propria attenzione su di un lavoro.

Grazie all’osservazione del comportamento infantile invece, Montessori scoprì quel meraviglioso fenomeno poi definito “polarizzazione dell’attenzione”.

A  permetterle di compiere questa straordinaria scoperta fu, in particolare, un episodio, da lei descritto in L’autoeducazione:

 

Mi accadde di osservare una bambina di circa tre anni, che rimaneva profondamente assorta sopra un incastro solido, sfilando e infilando i cilindretti di legno nei loro posti rispettivi. L’espressione della bambina era di una sì intensa attenzione, che mi sembrò quella una manifestazione straordinaria: i bambini fino allora non avevano mai mostrato una tale fissità sopra un oggetto e la mia convinzione sulla instabilità caratteristica dell’attenzione nel piccolo bambino, che passa senza posa da cosa a cosa, mi rendeva ancor più sensibile al fenomeno.

 

concentrazione

 

Io osservai intensamente la piccina senza disturbarla in principio e cominciai a contare quante volte ripeteva l’esercizio: ma poi, vedendo che continuava molto a lungo, presi la poltroncina su cui era seduta, e posi poltroncina e bambina sulla tavola; la piccolina raccolse in fretta il suo incastro, poi lo posò attraverso i braccioli della poltroncina, e mettendosi in grembo i cilindretti, continuò il suo lavoro. Allora invitai tutti i bambini a cantare: essi cantarono, ma la bambina continuò imperturbata a ripetere il suo esercizio anche dopo che il breve canto fu cessato. Io avevo contato quarantaquattro esercizi; e quando finalmente cessò, cessò in modo affatto indipendente dagli stimoli dell’ambiente che potevano disturbarla: e la bambina si guardò intorno soddisfatta, quasi svegliandosi da un sonno riposante[1].

 

L’episodio descritto, divenuto poi famoso, confutava palesemente quanti sostenevano che il bambino piccolo fosse incapace di concentrare a propria attenzione in modo prolungato: una bambina di appena tre anni si mostrava capace di una attenzione intensa e protratta nel tempo, era in uno stato di totale rapimento, immersa nella sua attività, isolata dal mondo circostante. Nemmeno i ripetuti tentativi della Montessori di disturbarla introducendo elementi di distrazione nell’ambiente (ad esempio il canto degli altri bambini) riuscirono a interrompere il lavoro della bambina, attenta solo all’esercizio che stava svolgendo. Ella eseguiva in modo ripetitivo e incredibilmente attento l’attività di infilare e sfilare i cilindri degli incastri solidi, e non lo fece una sola volta, bensì oltre quaranta, come se fosse spinta da una vera e propria fame di attività.

La ripetizione dell’esercizio infatti non sembrava stancarla, ma piuttosto nutrirla e soddisfarla. Ella infatti pose fine alla sua attività solo quando ne sentì l’esigenza, e apparve felice, soddisfatta, appagata.

Dice Montessori che sebbene la vicenda della bambina “sembrò al suo primo apparire come la storia di un miracolo” a lei divenne presto ben chiaro che questo fenomeno è proprio e necessario alla natura infantile, seppur vero che esso si presenta in rapporto a certe condizioni esterne, che possono comunque determinarsi. La concentrazione dell’attenzione nel bambino piccolo non è quindi un fatto straordinario, ma può essere qualcosa di ordinario se si provvede a fornire a quest’ultimo un ambiente e dei materiali a sua misura, che gli consentano di operare quelle scelte che rispondono ai suoi bisogni interiori.

Ma perché la bambina ripete l’esercizio tutte quelle volte, pur avendolo ormai già risolto?

Ebbene sono episodi come questo che portarono Montessori a comprendere che per il bambino la ripetizione dell’esercizio è fondamentale: egli ripete, ripete moltissime volte lo stesso esercizio anche quando lo scopo esterno è stato raggiunto, poiché attraverso la ripetizione costruisce la propria personalità.

Quando il bambino si concentra dunque, la sua mente si sviluppa e la sua personalità si costruisce.

Quando si verifica un fenomeno di polarizzazione dell’attenzione, scrive Montessori, il bambino si trasforma completamente: si fa più calmo, più espansivo, mostra qualità interiori straordinarie.

Questo perché a spingerlo alla ripetizione è un impulso interiore, similare a quello alla base dei fenomeni attentivi.

Come Montessori precisa sempre all’interno de L’autoeducazione, l’attenzione del bambino non può essere trattenuta “artificialmente” dal maestro, ma è stimolata da un oggetto (“senza oggetti il bambino non si può concentrare”): l’attenzione si fissa su di esso “come se corrispondesse a un impulso interiore, impulso che, evidentemente, si rivolge solo verso le cose che sono <<necessarie>> al suo sviluppo[2].

La concentrazione dell’attenzione del bambino in una attività è dunque manifestazione rivelatrice delle sue esigenze di sviluppo, connesse ai periodi sensitivi da egli attraversati.

L’attenzione del bambino si orienta autonomamente e inconsapevolmente su ciò di cui egli ha bisogno, per questo condizione fondamentale sarà la libertà del bambino: “Perché il fenomeno avvenga è necessario che lo sviluppo spontaneo del bambino sia lasciato libero: cioè senza che l’intervento di un’influenza intempestiva ne perturbi la calma e pacifica espansione[3]. E’ necessario che sia il bambino a scegliere le attività, mentre l’adulto deve cercare di osservare molto, ma di intervenire il meno possibile: ecco cosa favorisce la concentrazione.

Come confermano anche le moderne neuroscienze, l’attenzione rappresenta la precondizione fondamentale affinché possa esserci apprendimento (è il necessario preludio all’organizzazione della vita psichica), e dunque deve essere ricercata, aiutata e rispettata: l’insegnante dovrà saper osservare e cogliere i fenomeni di concentrazione, non ostacolare il flusso dell’attività del bambino, e carpire da queste manifestazioni gli elementi necessari per fornire poi le giuste risposte alle esigenze di sviluppo espresse.

Difatti quindi “saper riconoscere gli istanti preziosi della concentrazione per poterli utilizzare nell’insegnamento[4] è la vera chiave della pedagogia.

 

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In conclusione

 

Vi siete mai soffermati ad osservare il vostro bambino nella sua attività quotidiana? Avete avuto il piacere di godere di questi preziosi e significativi istanti di costruzione psichica?

 

 

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[1] MONTESSORI M., L’autoeducazione, Milano, Garzanti, 2007, pp. 61-62.

[2] MONTESSORI M., L’autoeducazione, Milano, Garzanti, 2007, p. 137.

[3] MONTESSORI M., L’autoeducazione, Milano, Garzanti, 2007, p. 64.

[4] MONTESSORI M., Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti, 1999, p. 65.

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